domenica 1 giugno 2014

GENTILIN ERA FAVOREVOLE ALL'INCERITORE DI FANGHI DA CONCIA.

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L’amministrazione di centrodestra di Arzignano a guida Giorgio Gentilin è ricorsa alla teoria del complotto per spiegare la tempistica elettorale degli audio pubblicati su Youtube di discutibili ed evitabili conversazioni in sala giunta. Sicuramente la mano anonima del signor “Mario Rossi” autore delle intercettazioni (con una microspia? lo verificheranno gli inquirenti) ha scelto di lanciare il siluro proprio tre giorni prima il voto locale, e dunque non è politicamente innocente. Ma quelle chiacchiere da bar con “battute” di dubbia liceità restano: «nel momento in cui sostengono di essere stati captati si assumono anche la paternità di quanto detto», ha fatto sapere al Corriere del Veneto del 27 maggio il procuratore capo Antonino Cappelleri.
Gentilin e assessori hanno dato una precisa spiegazione alla “macchina del fango”: i potenti interessi economici che spingono da anni per «l’indecente business dell’inceneritore di fanghi conciari». Come ricordavamo una settimana fa, il ricandidato sindaco arzignanese è contrario oggi, ma non lo è stato ieri. E allora è bene rinfrescarsi la memoria, ricostruendo la vicenda dall’inizio. Perchè se ammettiamo che sia vero quanto sostiene Gentilin, l’opinione pubblica ha diritto di farsi un quadro storicamente completo. Per giudicare senza isterismi e senza amnesie.
Cominciamo col dire che nell’ovest vicentino esistono tre impianti privati di trattamento dei fanghi, per un totale di 37 mila tonnellate di rifiuti pericolosi (dati 2011): alla Fis di Montecchio, alla Zach System di Montebello Vicentino e alla Miteni di Trissino. Nel 2005 l’accordo di programma da cui parte l’ipotesi di un inceneritore (per gli amici: gassificatore) fu firmato dall’allora presidente dell’Ato, Stefano Fracasso, già sindaco della città del Grifo e oggi consigliere regionale del Pd.
Venne avviato un percorso partecipativo con tutti i soggetti portatori d’interessi sia pubblici che privati (nel nostro caso Arpav e i tecnici del progetto Giada, amministrazioni pubbliche, categorie economiche, sindacati, associazioni e comitati ecologisti), affidato ad una società esterna, Observa. Il centrodestra, allora all’opposizione, stette a guardare, scettico sul metodo in nome del “decisionismo”. Fu presa in considerazione l’idea del gassificatore-inceneritore, sia pur con tutti i crismi e con apposito bando europeo. A sinistra, per far digerire scelte poco commestibili al suo elettorato solitamente esigente in fatto di ambiente, puntò tutto sul coinvolgimento assembleare della popolazione.Nel 2009 il nuovo sindaco di centrodestra, Giorgio Gentilin, delega la questione ad Andrea Pellizzari, ai tempi assessore provinciale ma da sempre, e tuttora, eminenza grigia della giunta. Da qui il percorso partecipativo si fa carsico. Tutto viene discusso tra i sindaci dell’Ato e una nuova commissione tecnica, presieduta dallo stesso presidente che ne era a capo prima, il professor Canu dell’università di Padova. Ne esce una relazione da cui emerge come opzione preferibile il gassificatore norvegese di Bergen, in pole position sebbene con molte perplessità. Il progetto diventa di dominio pubblico: avuto copia della relazione finale della commissione, l’associazione No Centrale indice un’assemblea pubblica a Montecchio Maggiore. Visto il successo dell’assemblea, il presidente dell’Ato riapre il confronto anche se in formato mignon, non concedendo il libero accesso ai dati sulla sperimentazione effetuata in Norvegia (cosa che fa infuriare Montecchio, il più agguerrito Comune ad opporsi al gassificatore – d’altronde con Arzignano litigano come cane e gatto da sempre). Intorno al modello scandinavo si crea una certa nebbia, tanto che, ancora nel 2013 cioè appena un anno fa, il comitato No Centrale rifiuta di far parte della commissione di trasparenza sull’iter formata da medici, tecnici Arpav e soggetti del territorio, rispondendo picche al presidente di Acque Chiampo, Antonio Fracasso (da non confondere con Stefano di cui sopra). Ad ogni modo, viene fuori che siti di quel tipo in Norvegia non ne realizzano più, e che ci sia il fondato rischio che, dal punto di vista ingegneristico, si acquisti una sola.Arrivati al 2013, Gentilin tira dritto e bussa alla Regione Veneto. In giugno l’Arpav emette il suo verdetto tecnico: bocciatura, anche se con riserva (si potrebbe utilizzarne solo una parte). La giunta veneta di centrodestra approva l’accordo di programma integrativo, e Gentilin a caldo commenta: «I 10 milioni di euro previsti arriveranno da Roma in 6 anni e sono destinati alla riqualificazione e recupero ambientale e alla bonifica delle discariche e quindi al gassificatore». Ma il 5 luglio, dopo un solo mese, la sorpresa: il sindaco, che di professione fa il medico, sulla base dei dati Arpav fa dietrofront: «si denotano alcune problematiche che mi hanno fatto decidere di bocciare l’ipotesi di acquisto dell’impianto». In estate scoppia il caso Fracasso: il presidente di Acque Chiampo, società pubblica dei Comuni della zona, viene accusato dall’amministrazione di Arzignano di non garantire trasparenza sul gassificatore per giustificare la nomina di Alberto Serafin a nuovo amministratore unico (scelta che scatena le ire di Confindustria). Fracasso si difende coltello fra i denti: «Sono stato trasparente. E il gassificatore norvegese l’ho bocciato io, prima del sindaco Giorgio Gentilin. Dunque, che non si raccontino bugie sul mio conto per giustificare scelte fatte. Tutto quello che ho fatto è stato condiviso dal sindaco Gentilin, commissario straordinario di Ato Valchiampo, e anche dal presidente di Arica Renzo Marcigaglia. Erano informati su scelte e percorsi. Tanto che l’accordo raggiunto in Regione sulla possibilità di acquistare l’impianto norvegese, è stato firmato da Gentilin due volte: come sindaco e come commissario Ato. L’unico a chiedere ufficialmente i dati è stato Montecchio. Arzignano mai» (10 settembre 2013). E ancora: «La verità è che solo il 5 luglio Gentilin ha bocciato il gassificatore».La verità è che la campagna elettorale del 2014 si avvicina: Gentilin mira alla rielezione, e avrà come avversaria Lorella Peretti del centrosinistra (sorella di Valter Peretti, ex presidente della sezione concia di Confindustria, a processo per evasione fiscale). Gli industriali sono sul piede di guerra per il congelamento dell’inceneritore e non usano mezzi termini: «È solo una questione politica, un problema elettorale», attacca il 4 gennaio scorso Rino Mastrotto, presidente del’Unione Nazionale Conciaria. Fra lo scontro su Serafin e la guerra sull’impianto di trattamento fanghi, Gentilin si trasforma in paladino della salute cittadina contro le «lobby economiche». E’ in buona e unanime compagnia: ad essere contrari al gassificatore della discordia sono tutti i candidati, chi in senso assoluto (Giovanni Fazio, portavoce comitato Cillsa), chi in senso più relativo (la stessa Peretti, che ha spiegato in modo un po’ contorto e vago: «Il problema ambientale non è legato solo ai fanghi ma alla riduzione delle emissioni in generale. Per i fanghi serve lavorare a monte, sulle aziende, per avere abbattimenti fin dall’origine. Quanto alle discariche, abbiamo perso cinque anni perchè dopo la firma dell’Accordo di programma tutto si è fermato. Noi proponiamo una commissione mista tecnica e medica per arrivare a un risultato che metta insieme lavoro e salute», 21 maggio). All’indomani del primo turno di elezioni, forte del 42%, Gentilin si è dipinto così: «Chi ci sceglierà rottamerà con noi il vecchio sistema di potere che troppo ha condizionato il paese negli anni passati» (27 maggio 2014). Passati quanto? Dal 2009 a oggi a governare Arzignano è stato lui. Non faceva parte di quel sistema di potere? E se non ne faceva parte, in che modo lo combatteva quando era favorevole all’inceneritore?

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