giovedì 17 febbraio 2022

L'IPOVEDENTE BIZZOTTO

Le notizie che trapelano in queste settimane dal processo Miteni in corso al Tribunale di Vicenza devono farci riflettere. Oggi assistiamo alla ennesima deposizione dei tecnici di ARPAV in qualità di testimoni proposti dall’accusa, ma noi sappiamo che per alcuni di loro è stato applicato un metro di giudizio che in altri contesti e in altri luoghi li avrebbe potuti vedere sui banchi degli imputati, in particolare per alcuni di loro si può dire che abbiano fatto parte dina ARPAV numero due. Una sorta di livello capace di applicare un metodo evoluto nei decenni di ispezioni verso alcuni tra i più influenti portatori di interessi dell’industria vicentina. Ad avvalorare questa visione e questo scenario ci sono le parole dell’attuale Procuratore capo di Vicenza, rese sull’operato di chi lo ha preceduto. Si tratta di parole pesanti come pietre sulla derubricazione delle ipotesi di reato ascritte ai tecnici ARPAV rilevate nella relazione della commissione parlamentare sui reati nello smaltimento dei rifiuti industriali.

La relazione della Commissione Ecomafie mette in evidenza che i tecnici di ARPAV non vedono, infatti «...nel corso dell’audizione dell’11 luglio 2019, Alessandro Bizzotto, dirigente del servizio controlli di ARPA Veneto, ha riferito che in effetti, nell’anno 2005, i tecnici dell’ARPA si erano recati presso la Miteni per sigillare il contatore di uno o più pozzi di attingimento dell’acqua di falda per uso industriale e che in tale contesto non avevano rilevato l’esistenza di una barriera idraulica, posto che il sistema di depurazione delle acque con i filtri a carbone, con tutta probabilità, era stato dalla società allocato in un sito distante dai pozzi di attingimento, che non erano distinguibili da quelli usati per l’emungimento delle acque destinate ad uso industriale.