Interveniamo per invitarvi a leggere l'articolo del prof. Maurizio Dal Lago ne "LA NUOVA VICENZA" : Marzotto in rotatoria a Trissino una bruttura come certi piani urbanistici. E' molto interessante e apre una proficua riflessione per tutti i trissinesi. Prima di tutto vogliamo sottolineare due fatti assurdi: la rotatoria è in ritardo di oltre un anno e mezzo sul completamento delle coperture fotovoltaiche del Piano Koris.
La statua sarebbe un atto ovvio per chi ha in sfregio lo stato delle persone, del paesaggio e del territorio, e pensa che una scultura possa porvi rimedio. Ricordo che a qualche centinaio di metri forse poco più di un chilometro a nord ci sarà un’altra rotatoria per la nostra sicurezza, una esiste da tempo all'altezza dell'ex copertificio, una quarta sarà costruita dalle opere per la SPV all'altezza della chiesetta seicentesca di Oltre Agno e la quinta in circa 3,5 chilometri è quella della stazione di Castelgomberto. Persi nell'elencare le 5 rotatorie di Trissino stavamo dimenticando il secondo fatto che vogliamo segnalare: è stato costruito uno schifo di capannoni con rotatoria per installare un produttivo impianto fotovoltaico, che a detta dei ben informati sarebbe stato allacciato alla rete elettrica solo la scorsa settimana.
Infine il professor Dal Lago sa bene di cosa parla, ma a nulla sono serviti i suoi insegnamenti, né da politico, né da professore visto le “competenze” di certi alunni del liceo che ora amministrano il comune di Trissino. Noi sappiamo che sono al servizio di certe cementificazioni e nuove lottizzazioni del PAT lontane dalle frane collinari e vicine alle richieste degli appetiti dei costruttori di Trissino e non.
La statua sarebbe un atto ovvio per chi ha in sfregio lo stato delle persone, del paesaggio e del territorio, e pensa che una scultura possa porvi rimedio. Ricordo che a qualche centinaio di metri forse poco più di un chilometro a nord ci sarà un’altra rotatoria per la nostra sicurezza, una esiste da tempo all'altezza dell'ex copertificio, una quarta sarà costruita dalle opere per la SPV all'altezza della chiesetta seicentesca di Oltre Agno e la quinta in circa 3,5 chilometri è quella della stazione di Castelgomberto. Persi nell'elencare le 5 rotatorie di Trissino stavamo dimenticando il secondo fatto che vogliamo segnalare: è stato costruito uno schifo di capannoni con rotatoria per installare un produttivo impianto fotovoltaico, che a detta dei ben informati sarebbe stato allacciato alla rete elettrica solo la scorsa settimana.
Infine il professor Dal Lago sa bene di cosa parla, ma a nulla sono serviti i suoi insegnamenti, né da politico, né da professore visto le “competenze” di certi alunni del liceo che ora amministrano il comune di Trissino. Noi sappiamo che sono al servizio di certe cementificazioni e nuove lottizzazioni del PAT lontane dalle frane collinari e vicine alle richieste degli appetiti dei costruttori di Trissino e non.
La pochezza e l’arretratezza culturale di certa classe dirigente non sta nel fatto che verrà posta una statua in rotatoria a ricordare la monumentalità di una figura come quella di Gaetano Marzotto nel bene e nel male, dimenticando e disconoscendo la capacità imprenditoriale, ma nel fatto che chi vuole la statua non ha capito che quella famiglia imprenditoriale ha sempre creato lavoro e questo lo ha sempre rappresentato nei segni che ha lasciato e che ha saputo individuare nella città e nella campagna.
Paradossalmente anche la ex Rimar, ha avuto il pudore di non nascondere la vista delle dolomiti vicentine dall’ingresso di quella che era la valle dei Trissino. Nonostante la spregiudicatezza imprenditoriale dei Marzotto e che a Trissino si è espressa nella vicenda di Giannino, i Marzotto hanno saputo puntualizzare la Valle dell'Agno con opere urbane e no, tra cui ricordiamo agli smemorati la pregevole opera del copertificio Marzotto di Trissino del professor Giuseppe Davanzo maestro di architettura e di vita, ricordiamo che è stato l’architetto della fiera di Vicenza. Dopo il restauro spregevole, sembra un qualsiasi capannone, ma aveva in se il gusto di un brutale uso del cemento con pilastri rari da vedere anche oggi, aveva il gusto di pareti tamponate con intonaci candidi in polvere di pasta di vetro bianca, capaci di resistere allo smog.
Quella degli anni 50 e 60 era un’architettura dello sviluppo industriale, che tentava ancora di coniugarsi al territorio, che cercava il rapporto tra la fabbrica vitruviana e quella moderna, tra la fabbrica palladiana e la campagna veneta. Adesso è tutto un non luogo di strade per capannoni vuoti, rotatorie, ancora strade, autostrade, e ancora capannoni. Per parafrasare con parole meno dotte si tratterebbe di un luogo pronto per meretrici, pronto per divieti di sosta, di permanenza di zingari, insomma deserto dalle 20 alle 6, insomma un luogo tutto pronto per la statua.
Chi prima aveva investito con sapienza per creare la ricchezza altrui e propria, si ritroverà con chi ora spinge solo sul pedale della speculazione, della rendita non solo fondiaria e si lava la coscienza con l’ipotetica statua. Non si fermeranno, non avranno riguardo, ne per Marzotto, ne per il territorio, governano con arroganza, inconsapevoli del livello che hanno raggiunto.
Paradossalmente anche la ex Rimar, ha avuto il pudore di non nascondere la vista delle dolomiti vicentine dall’ingresso di quella che era la valle dei Trissino. Nonostante la spregiudicatezza imprenditoriale dei Marzotto e che a Trissino si è espressa nella vicenda di Giannino, i Marzotto hanno saputo puntualizzare la Valle dell'Agno con opere urbane e no, tra cui ricordiamo agli smemorati la pregevole opera del copertificio Marzotto di Trissino del professor Giuseppe Davanzo maestro di architettura e di vita, ricordiamo che è stato l’architetto della fiera di Vicenza. Dopo il restauro spregevole, sembra un qualsiasi capannone, ma aveva in se il gusto di un brutale uso del cemento con pilastri rari da vedere anche oggi, aveva il gusto di pareti tamponate con intonaci candidi in polvere di pasta di vetro bianca, capaci di resistere allo smog.
Quella degli anni 50 e 60 era un’architettura dello sviluppo industriale, che tentava ancora di coniugarsi al territorio, che cercava il rapporto tra la fabbrica vitruviana e quella moderna, tra la fabbrica palladiana e la campagna veneta. Adesso è tutto un non luogo di strade per capannoni vuoti, rotatorie, ancora strade, autostrade, e ancora capannoni. Per parafrasare con parole meno dotte si tratterebbe di un luogo pronto per meretrici, pronto per divieti di sosta, di permanenza di zingari, insomma deserto dalle 20 alle 6, insomma un luogo tutto pronto per la statua.
Chi prima aveva investito con sapienza per creare la ricchezza altrui e propria, si ritroverà con chi ora spinge solo sul pedale della speculazione, della rendita non solo fondiaria e si lava la coscienza con l’ipotetica statua. Non si fermeranno, non avranno riguardo, ne per Marzotto, ne per il territorio, governano con arroganza, inconsapevoli del livello che hanno raggiunto.
Era appena ieri quando tutti parlavano di lui. E oggi sembra già dimenticato.Infatti è passata nella totale indifferenza l’ultima spiazzante “trasgressione” di Giannino Marzotto, recentemente scomparso in un lungo tripudio di encomi e di brindisi. Riportano le cronache che tra le sue ultime volontà ci sia quella che impegna gli eredi a porre al centro della nuova rotatoria di Trissino, sulla provinciale 246, una statua di suo padre, Gaetano Marzotto jr.
Le ragioni non mancherebbero: le origini dei Marzotto sono trissinesi e sembra quindi giusto che la statua trovi allocazione in quel Comune. Ancora: la statua sarebbe posta all’entrata della valle dell’Agno che ai Marzotto, e a Gaetano in particolare, deve tantissimo in termini di industrializzazione, di benessere e di innovativi interventi sociali.Ma nonostante le oneste intenzioni e le buone ragioni, spero sinceramente che non sia vero e che molto presto vedremo pubblicata una severa smentita. La cosa, infatti, se attuata, non farebbe onore all’intelligenza di Giannino Marzotto e tanto meno onorerebbe la memoria del padre che merita ben altri riconoscimenti, come quelli avuti a Valdagno nel 1994, nel centenario della nascita, con tutto il Gotha dell’industria italiana schierato a rendergli il giusto omaggio, Gianni Agnelli in testa (con a fianco un prefetto di Vicenza che, negli anni a venire diventerà un ottimo, non professorale, Ministro dell’Interno).Una rotatoria, infatti, è adatta per essere piantumata o decorata con sassolini bianchi e neri; oppure la si può utilizzare come prato irriguo, se ha il diametro appropriato, o per farvi troneggiare un leone di S. Marco o per dare visibilità, a Montecchio, ai lillipuziani castelli di Giulietta e Romeo, oscurando quelli veri che da lì si vedono benissimo al naturale. Se poi l’incrocio è importante, va benissimo la ferrigna testa di cavallo delle Alte il cui disperato nitrito mette soggezione perfino ai bisonti della strada che la circumnavigano notte e dì.Ma per posizionarvi la statua di Gaetano Marzotto jr come, del resto, di ogni altro grande personaggio, no e ancora no: essere posto al centro di una rotonda stradale è, a mio parere, una intollerabile “diminutio”, al limite dell’insulto. E il primo a dispiacersene sarebbe proprio Gaetano jr, tanto più che le immediate adiacenze sono state deturpate prima da una zona industriale mal edificata e poi, di recente, da uno scandaloso intervento urbanistico che viene certosinamente imbruttito ogni giorno che passa e che ha rovinato per sempre una delle più ariose vedute della valle dell’Agno.Per essere ancora più chiari: mai l’industriale Gaetano Marzotto jr avrebbe costruito una nera processione di così tanti e così orribili capannoni, uno appicciccato all’altro, senza parcheggi per i dipendenti e per i clienti, senza aree di manovra per gli autotreni, senza zone di stoccaggio, solo per porre sui tetti file e file di pannelli fotovoltaici e ottenere in questo modo, legalmente s’intende, i lauti finanziamenti statali messi a disposizione per le fonti di energia alternativa. E mai, lui uomo di lungimirante intelligenza e di raffinato buon gusto, avrebbe voluto essere condannato a guardarli tra stridor di freni, sciabolate alogene e micidiali gas di scarico.Lo so, quando si è morti si è lì del tutto indifesi e solo la “pietas” di chi ci ha amato può difenderci dagli assalti della stupidità che abbiamo cercato di scansare in vita, quando ne avevamo la possibilità e la forza. Pietà, dunque, per Giannino Marzotto. E per suo padre.
7 commenti:
egregio sig.re Dal Lago, concordo in toto con lei. mi consenta una serie di domande a lei che ha un passato di amministratore pubblico: dell’orrenda distruzione del paesaggio delle due Valli ( Chiampo e Agno), nessuno delle classi dirigenti passate e presenti se ne prende un pò la colpa?. dell’ultimo colpo; gli orrendi capannoni per accedere agli incentivi sul fotovoltaico, come mai l’unico che in vallata ha avuto l’ardire di sollevare il caso, è stato l’architetto Follesa, mentre i cantori delle nostra verdi Valli, non hanno osato proferrire giudizi e commenti? potenza del cognome, mecenate di cui gli “artisti” hanno sempre bisogno?.
Luciano Panato
Essendo di origini valdagnesi, conoscendo bene la vallata, ed avendo a lungo studiato – oltre che la Marzotto – anche Gaetano Marzotto Jr, concordo pienamente con quanto sostiene nel suo articolo il prof. Dal Lago. L’idea in sé di un monumento in una rotatoria è semplicemente folle, e a maggior ragione quella di un monumento a un personaggio che è nella storia del Novecento italiano. Confido che i promotori recedano, e che – soprattutto – il Comune di Trissino non la assecondi.
La memoria storica non può essere una caricatura. Il laniere valdagnese vive già, nel bene e nel male, nei segni tangibili che ha lasciato nel territorio. Uno per tutti? la cd. Città Sociale edificata a Valdagno, che rimane nei testi dell’architettura del nostro paese.
Giorgio Roverato
Sì, Follesa, hai fatto bene a ricordare il copertificio a firma Davanzo, uno dei pochi architetti italiani che si spese con intelligenza e raffinatezza nella progettazione di edifici industriali. E proprio in riferimento a quell’esempio di costruzione sobria, quasi austera, stridono ancor più gli osceni (quanto inutili) capannoni “fotovoltaici” voluti da Giannino M. che hanno deturpato per sempre quella parte di vallata. Insipienza sua, e – come tu denunci – degli amministratori pubblici che glielo hanno consentito. Di Davanzo conoscerai quasi tutto, e quindi anche il Macello di Padova http://www.ricerca-format-c.it/admin/files_caricati/news/file/lettera%20Enzo%20Siviero%20e%20biografia%20di%20G.Davanzo.pdf: opera intrigante per il gioco dei volumi che lì egli sviluppò, anche se sfortunata essendo stata edificata quando ormai il mondo della macellazione radicalmente mutava. E infatti la struttura chiuse presto la sua attività, abbandonata a un indecente degrado.
Giorgio Roverato
Egregio Dal Lago, sono l’arch. Ruggero Marzotto, progettista e direttore lavori dell’intera opera. Non si lasci ingannare dal nome, non sono parente della Famiglia neppure alla lontana. Non tocca a me, evidentemente, difendere l’intervento che tante polemiche ha suscitato, e continua. Ognuno, d’altronde, ha la sua idea di urbanistica e di architettura. Mi piacerebbe però che si provasse ad entrare nel merito delle scelte formali, della geometria e del colore che provano a riordinare un tessuto slabbrato e disordinato, del lungo e complesso percorso amministrativo seguito prima di iniziare i lavori (due conferenze di servizi con dieci enti coinvolti, un piano particolareggiato, due verifiche con le Soprintendenze, solo per citare i punti salienti), delle opere pubbliche di compensazione (tre milioni e mezzo di euro). Sarebbe anche interessante discutere se davvero una rotatoria dev’essere per forza un semplice elemento della viabilità che inquina e distrugge (ma che serve anche a collegare luoghi e funzioni, a spostare merci e persone); oppure non si possa tentare di pensarla, ove possibile, quale parte integrante del territorio che le sta intorno, dunque, nel caso specifico, del comparto urbanistico ed edilizio che per la medesima volontà e dentro lo stesso progetto sta sorgendo. In questa prospettiva, la presenza della statua di Gaetano Jr. assume un senso diverso da quello che, mi pare, suscita il Suo scandalo e quello di qualche lettore. Comunque, ci terrei a precisare un paio di cose: quell’area è edificabile da 25 (venticinque) anni; il fotovoltaico produce dal maggio 2011; ci sono parcheggi o aree di manovra ben oltre gli standard di legge, basta prendere visione del progetto. Anzi, visto che il sito è ormai in fase di ultimazione, la invito a fare un sopralluogo, io sarò lieto di accompagnarla: gli uni dagli altri, c’è sempre da imparare.
Ruggero Marzotto
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato con interessanti argomentazioni il mio articolo. Mi confortano, soprattutto, i pareri espressi dal prof. Giorgio Roverato, a tutt’oggi il maggior studioso italiano della figura e dell’opera di Gaetano Marzotto jr.
Ringrazio l’arch. Ruggero Marzotto che risponde ai tanti rilievi critici difendendo, come è giusto, la sua progettazione. Riguardo alle sue osservazioni mi limito a qualche punto:
1- Lei chiede di entrare nel merito delle sue scelte formali, della geometria e del colore che tenderebbero a riordinare un comparto urbanistico slabbrato e disordinato. Ma sono proprio le sue scelte formali, geometriche, volumetriche e cromatiche la fonte prima e principale dello scandalo. Come è stato giustamente sottolineato da altri, il copertificio di Davanzo era rispettoso al massimo dell’ambiente ancora agricolo che lo circondava e i capannoni della Rimar, non certo un capolavoro architettonico, erano posti sotto la collina, defilati, fuori vista e mascherati da filari di piante. Prima del piano particolareggiato che le è stato commissionato, la zona non era affatto disordinata e slabbrata, ma ordinatamente e produttivamente agricola, scalfita solo da un piccolo hangar in disuso.
2- Oltre a quanto espresso nell’articolo, aggiungo ora che i suoi capannoni hanno oscurato, alla lettera, la villa quattro-cinquecentesca Trissino-Da Porto-Marzotto “La Colombara” e le hanno tolto aria, spazio e luce, nonché il ricordo della funzione di antica azienda agricola che essa manteneva. Tanto varrebbe abbatterla e continuare con la funebre processione di neri capannoni.
3- Ma lei, a difesa, cita le Soprintendenze: ebbene se tali enti hanno dato il loro placet a tale sfregio, sono degne di ogni onesta riprovazione. E lo stesso dicasi per tutti coloro, pubblici amministratori e “tecnici”, che hanno approvato la “cosa”.
4- Francamente non ho capito quale altro significato dovrebbe avere una rotatoria stradale se non quello di collegare luoghi e funzioni, come non mi è affatto chiaro quale altro significato, oltre quello denunciato, dovrebbe assumere la statua di Gaetano Marzotto jr in mezzo a quella rotatoria. Il fatto che lei confermi la volontà di posizionare quella statua in quel posto mi procura, più che indignato stupore, infinita tristezza.
5- Prendo atto e sono lieto che le aree dei parcheggi e delle aree di manovra siano ben oltre gli standard di legge. Peccato che tutto il resto sia ben oltre gli standard della ragionevolezza e del buon gusto.
Maurizio Dal Lago
Caro collega Marzotto così tutti sarebbero redenti e salvati dal tuo lavoro, i capannoni sarebbero contestualizzati, la rotatoria avrebbe il suo senso soprattutto con la statua, l’edificato contemplato da 25 anni ormai sarebbe un dato storico. Ma una montagna di errori non si salvano con una statua: lavorare è una costante della vita e rispetto la necessità ma farlo sulla linea d’ombra di ciò che è lecito e di ciò che è legale permettimi di dire che complica la tua posizione nel merito.
Innanzi tutto sulla edificabilità vi sono due fatti che sottaci e ciò mi permetto di dirti che è scorretto e non puoi non saperlo visto che il tuo studio ha elaborato anche la variante al prg del 2004. L’area sarebbe stata edificabile se la ex rimar non vi fosse mai stata. Infatti per effetto della legge seveso ogni mc edificabile era inutile poichè impedito dal rispetto dei vincoli imposti e dai pareri dei VVFF del Veneto. Improvvisamente quei pareri per atti di riduzione del rischio sono stati ribaltati, soprattuuto è cambiato il comando responsabile del parere e soprattutto si sarebbero introdotte modifiche all’impianto ex rimar tali da ridurne gli effetti sulla edificabilità. Uso il condizionale perchè tutti i dubbi nel merito permangono, poichè quegli impianti sono si stati messi in sicurezza, ma permane un vincolo all’uso che la dice lunga; soprattutto mi riferisco all’efficacia di quelle misure di riduzione del rischio. In consiglio comunale a Trissino di questo si è discusso e nessuno ha saputo chiarire il punto, tanto che permarrebbe comunque un vincolo per le attività non produttive. Comunque quella riduzione del vincolo, che ha consentito l’effettiva edificabilità è dimostrata da un procedimento amministrativo rispetto al quale, nonostante tutte le competenze tecniche messe in campo e che ho ricostruito, porterebbe con se alcuni dubbi con una concreta verifica sulla linea del cloro con particolare riferimento ai tratti che si collegano alla torre di lavorazione. Poiché mettere in sicurezza questa avrebbe voluto dire sostituirla, cosa che non risulterebbe perché avrebbe voluto dire chiudere l’impianto. Forse questo a qualcuno piacerebbe ma non a me, visto i 150 lavoratori che starebbero a casa e l'importanza strategica delle produzioni Miteni.
segue
Massimo Follesa
segue da sopra
Mi rendo conto che mi sto dilungando troppo e ritorno sul fatto che quell’area non sarebbe mai stata edificabile per una seconda ragione: infatti era sul tracciato della costruenda Superautostrada Pedemontana Veneta che la con una strana coincidenza di tempi il Cipe spostò in galleria nel marzo 2006 dopo la cordiale visita di febbraio a Villa Trissino dell’allora primo ministro uscente e candidato alle elezioni politiche Silvio Berlusconi. Infine quell’area non si sarebbe dovuta edificare poichè era un documento, non certo un monumento ma un documento si! Il monumento è la Colombara che il collega Marzotto ha completamente alienato e adesso stiamo aspettando il piano di recupero già previsto e programmato. Ma le aree a valle erano un dicumento che testimonia la presenza dei Trissino dal oltre 1000 anni in questa valle. si trattava dei terreni migliori e più produttivi che per secoli hanno costituito il patrimonio della fabbrica agricola dei Trissino la colombara. In essi hanno profuso energie e denaro i Trissino, li hanno rialzati e proteti dalle disastrose piene dell’agno che a monte e a ovest distruggevano i raccolti e la valle. Questi luoghi no erano collocati lungo la poscola e concentravano in se numerosi fornelli da seta già agli inizi del 500. Proprio qui si concentrava una delle più fiorenti attività seriche della valle. Si concentrava una ricca produzione agricola e anche l’unica via di risalità della valle in caso di alluvione lungo la Poscola. Inoltre proprio nella Colombara e attorno ai canali che a monte e a valle erano derivati, si concentrarono per secoli i principali mulini della bassa valle dell’Agno. Questo era il terreno che è stato definitivamente alienato dai capannoni del Piano Koris. Qualcuno potrebbe dirmi che tutto ciò almeno è servito a creare lavoro, ma non in questo momento, non risultano attività pronte ad insediarsi a meno che il collega Marzotto non sappia rispondere a questo interrogativo. Perché quel che non è condivisibile del suo ragionamento sta proprio qui: si tratta di un’architettura vuota, a che serve l’architettura se non a costruire e a contenere una funzione, una attività che nel caso del capannone o della fabbrica ha comunque, prodotto lavoro, reddito, e conservato e sostenuto il reddito nel territorio, ha insomma ridistribuito la ricchezza. In pratica ciò che era fuori contesto e ha distrutto il paesaggio veneto era accettato perché consentiva il lavoro, permetteva a molti di conquistare un livello di vita diverso, ma costruire un’opera vuota senza prospettiva la fa essere fuori contesto non solo dal punto di vista paesaggistico o architettonico ma anche da quello economico e sociale. Il fuori contesto è dunque il tema e la condanna che va elevata nei confronti di quelle opere oltre agli altri aspetti che ho elencato prima e che ne definiscono i contorni affaristico-politici.
Massimo Follesa
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