«Noi siamo qui per ascoltare con attenzione i problemi di tutti. Ma non deve passare l’idea che dietro ogni grande opera ci sia qualche cosa di oscuro, pericoloso o legato al malaffare». Era un Luca Zaia teso in volto quello che ieri ad Altivole nel Trevigiano rispondeva ai cronisti poco dopo la movimentata inaugurazione di un cantiere della Pedemontana Veneta. Il governatore leghista della Regione Veneto, lontano dalla baldanza per l’avvio dei primi cantieri della Spv dello scorso anno, ieri aveva stampate negli occhi non solo le durissime proteste dei contrari all’opera, non solo le accuse politiche legate ai recenti scandali di portata nazionale che hanno colpito la sua amministrazione, ma anche il dossier che da alcune settimane è, o sarebbe, sulla sua scrivania.
Un dossier redatto dagli uffici tecnici della Regione in cui nero su bianco sta scritto che per quanto riguarda la grande superstrada che connetterà Spresiano nella Marca a Montecchio Maggiore nel Vicentino, c’è una grana ambientale proprio nell’ultimo tratto, quello berico, o meglio quello in valle dell’Agno nella zona di Trissino. Secondo il monito che arriva o arriverebbe dagli uffici, il tracciato della Spv che in Valleagno va in galleria o in trincea, andrebbe letteralmente a cozzare con una vasta porzione del sottosuolo in cui sono presenti in grande quantità alcune sostanze estremamente pericolose, i pfoa, risultato degli scarti della decennale lavorazione che a Trissino fu della Rimar-Marzotto ora Miteni, della multinazionale Icig (la questione è esplosa a cavallo fra il 2013 e il 2014 con tanto di inchiesta della magistratura). Presenza che obbligherebbe ad uno spostamento del tracciato pur a fronte di un progetto dell’opera che oramai si è avviata sul binario esecutivo.
I comitati che si battono contro contro la Pedemontana già a settembre avevano sollevato la questione, almeno in embrione. Tra i timori che, molto alla grossa, erano stati presi in considerazione, c’era quello per cui i pfoa, adagiati in grande concentrazione nel sottosuolo di Trissino e dintorni, una volta «colpiti» dai lavori di perforazione che preparano i tunnel già in progetto, finiscano nel sistema di falda che accompagna il torrente Agno verso sud, andando poi a interessare i comprensori del basso Vicentino, del basso Padovano e della bassa Veronese. Territori già interessati dallo stesso problema e da quello dei reflui conciari che per anni hanno inquinato il bacino dell’Agno-Guà-Fratta Gorzone.
E tant’è che ieri Zaia non ha smentito l’esistenza del problema. Di più, il commissario alla Spv, l’ingegnere Silvano Vernizzi, ha spiegato che sulla materia gli uffici della sua struttura commissariale stanno lavorando «a stretto contatto con l’Arpav, ragion per cui se emergeranno dei problemi saranno fatte le valutazioni del caso». Se non una conferma si tratta della anticamera di conferma, che in qualche maniera trova ulteriore sostanza in un’interrogazione redatta dal consigliere regionale Pietrangelo Pettenò (Federazione della Sinistra).
Più che l’atto ispettivo di un consigliere regionale, il documento di Pettenò, tre pagine dattiloscritte fitte fitte piene di dati, riferimenti e richiami normativi, sembra la relazione tecnica di un geologo. E’ nella lettura incrociata degli studi di Arpav e Cnr in materia di pfoa con i progetti della Spv che l’interrogazione intravede quei rischi che il mese scorso erano stati preconizzati dai comitati. Di conseguenza Pettenò chiude il cerchio del suo ragionamento indirizzando alla giunta di centrodestra, che al momento ancora non ha elaborato una risposta, una serie di quesiti, che pur espressi in un arido linguaggio tecnico vanno comunque letti per capire la sostanza del problema. Nel concreto il consigliere si chiede «… quali sono le direttive emesse dalla Regione per verificare i rischi per l’approvvigionamento idrico e per la salute pubblica derivanti dalle interferenze dai cantieri Spv in Valle dell’Agno-Guà con la falda inquinata riferibile all’area individuata da Arpav… se il Commissario Straordinario per la Spv abbia acquisito i dati citati in premessa e quali sono le direttive che egli abbia emanato per verificare i rischi per l’approvvigionamento idrico e per la salute pubblica derivanti dalle interferenze dai cantieri… in valle dell’Agno-Guà con la falda inquinata riferibile all’area individuata da Arpav…». E ancora si domanda «… se è stato chiesto agli uffici competenti della regione la verifica della progettazione esecutiva e della valutazione d’impatto ambientale dove maggiore è l’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche, soprattutto in relazione agli scenari di alterazione e di possibile inquinamento per i pozzi dell’ovest vicentino e dell’est veronese, finora esenti dall’interessamento del lume degli inquinanti, della cosiddetta falda del torrente Poscola interferita dai cantieri della Spv; se sia necessaria la sospensione dei lavori nell’area individuata da Arpav, compresa nei lotti 1A e 1B della costruenda Spv nei comuni di Brendola, Montecchio Maggiore, Trissino, Castelgomberto e Brogliano interessati dalle interferenze tra il tracciato di Spv e il corso del torrente Poscola… se sia necessario predisporre uno studio dettagliato sugli effetti e i potenziali rischi che potrebbero compromettere altre aree finora escluse dagli inquinamenti da Pfas… se sia il caso di avviare una procedura pubblica di verifica degli impatti e dei rischi generati dalle attività di cantierizzazione nella Valle dell’Agno-Guà, dello sparo delle mine della galleria di Sant’Urbano e degli attraversamenti del torrente Poscola a Montecchio Maggiore».
Tra l’altro si tratta di preoccupazioni che hanno valicato i confini regionali. Al Senato infatti il Movimento Cinque Stelle (primo firmatario il vicentino Enrico Cappelletti) ha ripreso la falsa riga dei quesiti posti da Pettenò interpellando direttamente tre ministeri: ambiente, salute e infrastrutture, chiedendo ai rispettivi ministri se intendano, nei limiti delle proprie attribuzioni, «adoperarsi affinché si giunga alla sospensione dei lavori nell’area individuata dall’Arpav compresa nei lotti 1A e 1B della Spv nei comuni di Brendola, Montecchio maggiore, Trissino, Castelgomberto e Brogliano interessati dalle interferenze tra il tracciato di Spv e il corso del torrente Poscola e, di conseguenza, affinché sia condotto un approfondito studio di dettaglio sugli effetti e i potenziali rischi che potrebbero compromettere altre aree finora escluse dagli inquinamenti da Pfas».
Anche in questo caso il governo Renzi, almeno finora, non ha risposto. La situazione è delicata pure perché un’eventuale modifica del tracciato – il condizionale è d’obbligo giacché la materia amministrativa è complessa – potrebbe comportare anche l’annullamento dei finanziamenti pubblici garantiti alla Spv, che costa sulla carta costerà2,3 miliardi di euro, in parte in capo ai privati, in parte in capo agli enti pubblici. In una proporzione che è ancora oggetto di un durissimo contenzioso, anche giudiziario. Frattanto i media si ritagliano un proprio spazio nella partita delle grandi commesse pubbliche. Domenica prossima Report, il popolare format di inchiesta giornalistica in onda su Rai Tre, affronterà proprio il tema delle infrastrutture venete. E nell’entourage della conduttrice Milena Gabanelli c’è già chi parla già di «fuochi d’artificio».
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