Tratto da www.vicenzapiu.com di Marco Milioni Massimo Follesa è consigliere di opposizione a Trissino, la cittadina dell'Ovest Vicentino investita dal caso dell'inquinamento da pfoa, che riguarderebbe in primis la Miteni, sempre di Trissino «ma non solo quella». In tal senso il consigliere sta mettendo a punto una memoria che presto renderà pubblica. E così in vallata la preoccupazione si moltiplica. Da una parte «ci sono sacrosante ragioni in termini di sicurezza ambientale», dall'altra ci sono «le ragioni legittime» di chi teme per il posto di lavoro. Tanto che la valle dell'Agno ritorna al centro dell'attenzione provinciale.
E dunque come si possono spiegare i recenti clamori per la vicenda Miteni? «Succede - spiega il consigliere comunale - che dopo diversi mesi di quiescenza sono venuti alla luce alcuni studi condotti dal Cnr circa la presenza di pfoa in diverse zone del Settentrione italiano, tra cui il comprensorio dell'Ovest Vicentino e dell'Est Veronese».
Che cosa è il pfoa e che cosa è emerso da questi studi?«Sintetizzando grezzamente si può dire che pfoa, pfoas genericamente detti perfluorati sono molecole artificiali utilizzate da decenni nell'industria per scopi diversi. Tra questi c'è quello di impermeabilizzare i tessuti o rendere antiaderenti le superfici di cottura delle padelle. Dagli studi redatti dal Cnr, un ente governativo di rango universitario e da quelli ad adiuvandum condotti dall'Arpav del Veneto, è emerso che in alcuni comprensori questo pfoa è presente in alte concentrazioni in diverse falde. Naturalmente c'è preoccupazione. Ma c'è un ma».
Quale?«Sempre semplificando solo di recente la comunità scientifica e con essa le istituzioni, europee in primis, si stanno interrogando sulla eventuale tossicità o nocività di tali sostanze. Come succede sempre in questi casi ci si domanda se i produttori di queste ultime posseggano dati in materia e se li tengano nascosti. O se le cose siano meno preoccupanti. A tutto ciò si aggiunga che per la legge italiana queste sostanze non sono considerate inquinanti tanto che l'Arpav e i gestori degli acquedotti in linea di massima non sono nemmeno tenuti a cercarli nell'ambito delle analisi di routine per la potabilità dell'acqua».
In Italia ha fatto molto clamore il caso Solvay in Piemonte. Ma ci sono in Europa paesi che hanno legiferato con vincoli e divieti?«Lo ha fatto il Regno Unito con prescrizioni blande. Lo ha fatto la Germania con indicazioni un po' più stringenti: oggi la legislazione di Berlino è la più rigida, ma si tratta di norme di buona tecnica industriale, se così si può dire».
Recentemente il senatore del Pdl Pierantonio Zanettin ha criticato Miteni preconizzando in qualche modo che la ditta, che è parte di una multinazionale tedesca, sia in Italia proprio perché oltralpe certe produzioni non sarebbero consentite. Si tratta di rilievi condivisibili?«Se Zanettin usasse i suoi neuroni per tacere sarebbe meglio. È riuscito a dire due cose sbagliandone tre».
Vale a dire?«Punto uno, Miteni di recente è stata acquisita dai tedeschi. Prima c'erano i giapponesi, prima ancora i giapponesi con l'Eni, prima ancora l'Eni e prima ancora la Marzotto giacché quella ditta un tempo si chiamava Rimar ovvero ricerche Marzotto. Inoltre Miteni è proprietà di un gruppo internazionale la cui sede amministrativa e legale è in Lussenburgo e quella operativa a Francoforte. Punto due, i tedeschi, per così dire, prima di acquisire Miteni non sapevano cosa fosse questa chimica finissima di cui gli italiani sono i precursori e parte del merito va anche a Miteni, alle sue maestranze e ai suoi tecnici. Punto tre, per certi versi va chiarito se l'aggiornamento tecnico scientifico delle analisi in materia di inquinamento abbia scovato un nuovo tipo di inquinamento o abbia rilevato sostanze inquinanti derivate dal fluoro presenti in falda nell'Ovest Vicentino dalla fine degli anni '70, o entrambe le cose. Ora attendiamo di leggere i resoconti di Arpav e Cnr, ma a quanto è dato sapere il grosso dell'inquinamento presente è ascrivibile a lavorazioni svolte in passato; si deve comunque chiarire quali e quante sono quelle attuali. Pertanto Zanettin si dovrebbe lamentare col suo centrodestra che ha governato pressoché ininterrottamente da vent'anni a questa parte e che non ha mai cambiato la legge in materia. Mi domando se i finanziamenti, leciti per carità, fatti finire dalla famiglia Marzotto sui conti del partito azzurro c'entrino o meno con queste inerzie».
Sì ma le questioni relative a sicurezza e salute non possono essere dimenticate. Giusto?«Verissimo. Ma io sono per il criterio adottato per il caso amianto. Le responsabilità vanno cercate a ritroso. Se a Trissino si dovrà bonificare dovrebbero pagare tutti in proporzione, a partire dalla famiglia Marzotto. La quale non dimentichiamoci ha sulla coscienza il caso Marlane-Calabria, poi c'è l'inchiesta del pm vicentino Silvia Golin sui casi per morti da amianto negli stabilimenti del gruppo nel Vicentino. La stessa famiglia o derivazioni della stessa è stata coinvolta un recente caso di maxi evasione fiscale nel quale si segnala la presenza del rampollo Matteo Marzotto, rinviato a giudizio appunto per l'affaire Permira e di Ferdinando Businaro, uno dei dominus della nostra vallata che sempre per il caso della maxi evasione per l'affaire Permira ha chiesto il patteggiamento. Ecco il buon Matteo lo hanno pure premiato con la presidenza del Cuoa. E Zanettin stranamente è rimasto zitto zitto. Forse perché voleva smuovere le acque ma non troppo.
Ovvero?«Cerchiamo di ragionare a mente fredda. Qui nessuno nega che storicamente la Rimar e i suoi discendenti possano avere creato situazioni di pericolo. Ma non c'è solo Miteni. Nell'Agno-Chiampo la concia ha prodotto, sversato e inquinato dio solo sa cosa, mentre l'autorità sanitaria e la regione non tengono nemmeno il registro dei tumori per l'Ulss di riferimento ovvero la “5”. Io per esempio mi aspetterei che la regione investisse sette otto milioni di euro per uno studio sugli effetti del sistema concia su salute e ambiente, al netto delle tangenti ovviamente ceh fanno storia a sé, per usare un po' d'ironia».
Poi c'è la questione degli sversamenti degli impianti di trattamento in deroga alle norme regionali. Che per di più ha generato un altro paio di inchieste penali. Non mancano i critici i quali sostengono che da questo punto di vista la concia abbia de facto goduto di aiuti pubblici. Vero o no?«Concordo con questa visione. Ma anche l'evasione fiscale massiva, miliardaria e scientificamente premeditata va considerata come una sorta di perverso aiuto di Stato».
Si però il problema pfoa rimane. Si deve sottacerlo?«Ovviamente no. Ma sarebbe una iattura che ne pagassero il costo solo quelle 250 persone tra dipendenti e indotto che lavorano a Trissino o per Miteni. Il mio appello è per quella politica che ha un progetto per il nostro paese e per il mantenimento di certi livelli di benessere anche attraverso politiche attive di riconversione verde delle produzioni. Solo chi non ha avuto voglia di capire e conoscere cosa è cambiato in Miteni in questi anni e la dura lotta di quelle maestranze attraverso tre anni di cassa integrazione può sottovalutare il valore di quell'impianto nella strategia economica della ripresa del nostro Paese. Solo un sito produttivo, capace di rispettare i protocolli di emissione in ambiente più bassi possibile può garantire il rispetto delle norme ambientali e tutela dell'acqua».
E quindi che si fa?«Ripeto oltre a cercare anche le responsabilità pregresse si deve capire bene la dinamica del ciclo dell'acqua attuale nei siti di produzione dell'Ovest Vicentino a partire anche da Miteni che ha tutto l'interesse a chiarilo, visto che risulta aver abbandonato la produzione più inquinante dei pfoa. Va ristudiato e considerato quanto incida l'inquinamento storico di Rimar del 1977 poiché i pfoa più persistenti erano in produzione nell'attuale sito da allora. C'é da chiedersi se Rimar li producesse anche nel sito di Trissino alta, nelle scuderia della villa o nell'originario Sito di Maglio di Sopra a Valdagno. C'è poi da capire quanto abbia influito su un eventuale inquinamento della falda anche la concia che nelle lavorazioni di finitura per alcuni decenni può aver utilizzato i pfoa. Attualmente nel settore è noto che l'assenza di tale prodotto o di suoi derivati é condizione essenziale per la vendita; ed esiste un preciso protocollo di analisi per escluderne la presenza sulle pelli. E poi se si vuole una bonifica si può pensare anche all'aiuto pubblico; oppure tutto il comparto produttivo dell'Ovest Vicentino deve pensare a ricollocarsi nel commerciale e nel marketing? Ma di quali prodotti mi chiedo io? Esiste una politica capace di pensare ancora alla produzione industriale e manifatturiera adeguata al terzo millennio?».
Si parla di aiuti pubblici, ma con quali risorse?«Tanto per cominciare con quelle dedicate ad un'opera inutile come la Spv sommandole a quelle che le amministrazioni centrali e periferiche vogliono usare per realizzare il cosiddetto termovalorizzatore di Arzignano. La concia ha le risorse per risolvere il problema dei fanghi bonificando al massimo i reflui stabilimento per stabilimento come suggerito tante volte dal professor Gianni Tamino dell'Università di Padova. Però da noi queste cose non si dicono».
E perché?«Perché credo che la questione sollevata dal caso pfoa serva solo a creare le condizioni mediatico politiche per cui la società che possiede Miteni possa decidere di bandire da Trissino la produzione con il cloro. Il che potrebbe ridurre le fasce di distanza che la legge Seveso 2 impone da ditte come la Miteni. Se ciò accadesse in qualche maniera si aprirebbero le porte per un cambio di destinazione d'uso a commerciale della lottizzaizone Koris che sorge lì accanto (in foto); oggi i lotti Koris hanno un uso produttivo e sono un ecomostro che pesa sulla coscienza di tutte le amministrazioni trissinesi che lo hanno autorizzato o che non lo hanno combattuto. Una lottizzazione che vede tra le sue eminenze grigie proprio il Businaro griffato Marzotto. Al tutto si aggiunga che se la lavorazione del cloro in Miteni abbandona Trissino, quella fabbrica diventa marginale nell'universo della sua controllante; per cui presto si potrebbe fare per mandarla a ramengo. Ma in realtà c'è un piccolo dettaglio che turba i sonni di più di qualcuno».
Quale dettaglio?«Le autorizzazioni concesse al piano Koris in tema di sicurezza non sarebbero proprio a puntino o sarebbero incomplete per una serie di dettagli tecnici di cui il sindaco leghista di Trissino Claudio Rancan ben sa. Ora se si sommano le uscite mediatiche di certi senatori sul pfoa e quelle di certi consiglieri comunali allo strano attivismo di tanti politici della zona per gli esuberi alla Mcs, da poco ceduta proprio dalla famiglia Marzotto, si intuisce che dietro un principio nobile come la difesa dei posti di lavoro in casa Mcs si possa nascondere una bassa finalità che fa rima con speculazione fondiaria. Non è un caso che tra i siti individuati per spostare la nuova Mcs si sia identificato il lotto Koris a Trissino che dista appunto a pochi metri da Miteni. Abbiamo così l'effetto che la Marzotto prima inquina con sostanze che la legge nemmeno si degna di censire come inquinanti, poi come con Mcs, e in parte per Miteni, molla i dipendenti al loro destino; i quali poi vengono usati dalla politica e dai big locali dell'economia come comparse a costo zero per una volgare finalità speculativo-fondiaria. Da oggi chiunque si permetta anche solo di pensare ad operare quel cambio di destinazione d'uso o è un colluso o è un demente. Acconsentire al cambio d'uso in zona Koris, ovvero permettere che lì si faccia una specie di centro commerciale, significa arrendersi ad un disegno subdolo. Trissino non può patire un altro affronto ambientale e occupazionale al tempo stesso. Ricordiamo che per Mcs i lavoratori che andranno a casa sono un centinaio. Ecco per fingere di trovare un posto a quei sessanta superstiti si rischia di mandarne a casa 150 in Miteni. Ma poiché alla fine Mcs potrebbe abbandonare la vallata alla fine per strada ce ne finirebbero 150 più sessanta».
Ma il sindaco o il consigliere comunale che avessero la percezione di una situazione illecita non dovrebbero attivare le autorità competenti?«Lo so tanto che sto preparando un esposto che consegnerò alla giunta, alla prefettura e alla procura. Ad ogni modo rimane lo sconforto per una politica che al posto di rimuovere le opacità le usa come sistema di potere».
È possibile fare qualche esempio legato alla realtà vicentina?«Giusto per rimanere in casa nostra. L'ex sindaco di Valdagno Lorenzo Bosetti, indagato per l'affaire Praia a Mare era un dirigente della Marzotto. L'assessore all'ecologia di Trissino, Cecilia Fochesato, è una dipendente della conceria Rino Mastrotto, una ditta dal potenziale inquinante alto non solo per il nostro comune. Rocco Battistella, l'ex sindaco di Tezze sul Brenta condannato definitivamente per il caso Tricom era stato dipendente dell'azienda e poi era diventato sindaco di Tezze. E ancora Carlo Lomonaco, attuale sindaco di Praia a Mare imputato per il caso Marlane, dove è dislocata appunto la Marlane- Marzotto, è stato dipendente della stessa ditta. Ad ogni modo vorrei sapere che cosa ne pensano di ipotesi speculative cucinate sulla pelle dei lavoratori i sindacati, il primo cittadino trissinese, il suo vice nonché senatore leghista Erika Stefani, lo stesso Zanettin, il suo soprastante politico l'eurodeputato Lia Sartori e, più al minuto, il consigliere comunale azzurro Nicola Ceretta. Chiedo di conoscere la loro opinione perché più in generale il silenzio per questi aspetti la fa da padrone».
Però un po' alla volte certi argomenti cominciano a saltare fuori. O no?«Sì, ma perché ormai la merda è talmente tanta che oltre ad uscire dalla stiva finirà anche per affondare la nave assieme ai suoi veleni e alla sua ciurma di bucanieri ridicoli e da strapazzo».
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